mercoledì 10 febbraio 2010

10 FEBBRAIO, GIORNATA DEL RICORDO

Che oggi si ricordino le tragedie delle foibe e dell’esodo delle popolazioni giuliane e dalmate credo che sia un’importante conquista, perché troppo a lungo queste pagine della storia italiana ed europea sono state relegate ai margini della nostra memoria collettiva, vivendo così in ambiti angusti che non sempre ne hanno proposto la memoria in modo obiettivo e imparziale.

In questo senso credo che ci siano almeno due elementi da mettere a fuoco.

Il primo: il dramma delle foibe e dell’esodo non si colloca nell’ambito di una generica operazione di pulizia etnica ma di un processo nazionale rivoluzionario e cioè la costruzione della Jugoslavia comunista. Una rivoluzione che si afferma come tutte le rivoluzioni, con un bagno di sangue: è soprattutto sangue italiano – anche se non esclusivamente – perché all’interno della componente italiana, spesso anche nelle sue espressioni antifasciste, è largamente diffusa l’ostilità verso il progetto politico di cui sono portatori i nuovi poteri e cioè l’annessione alla nuova repubblica jugoslava.

Ma questo stesso scenario va collocato in una cornice piu’ ampia e problematica e qui sta il secondo elemento da mettere a fuoco.

E’ utile e opportuno ricordare che la Venezia Giulia e l’Istria hanno conosciuto e sofferto, dopo la prima guerra mondiale, la repressione di un fascismo di confine intriso di nazionalismo violento, piu’ violento che in qualsiasi altra parte del Paese, che lacerò – negandole addirittura – le minoranze slovena e croata, le quali per secoli hanno sempre costituito – insieme a quella italiana – le componenti essenziali di una comunità plurilinguistica che fu sempre, e che sempre avrebbe dovuto essere, ricca di cultura e di civiltà.

Questo nazionalismo aggressivo usò tutti i mezzi per emarginare le minoranze compresi il confino e le condanne a morte del Tribunale speciale fascista e dopo l’invasione della Jugoslavia da parte dell’Italia, della Romania, dell’Ungheria e della Germania nazista assunse – durante l’occupazione militare italiana della Slovenia e Croazia nel 1941 – le forme di una repressione violenta con rastrellamenti, fucilazioni, impiccagioni, esecuzioni sommarie e deportazioni di cui fu essenzialmente vittima la popolazione civile.

Gonars, Arbe, Renicci, Molat sono solo alcuni dei campi di concentramento italiani in cui furono internati in condizioni disumane i civili sloveni, croati ed ebrei. Solo nel campo di Arbe le stime dei morti variano da un minimo di 1400 a un massimo di oltre 4000. All’epoca il Generale Roatta, a capo della II Armata italiana, scriveva ai suoi ufficiali testualmente “di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone” e ancora “si ammazza troppo poco!”.

Ora, è lacerante pronunciare la condanna di ciò che ha fatto il tuo esercito, ma è piu’ lacerante tacerlo. Del resto il silenzio non sarebbe solo menzogna, ma credo ci priverebbe del diritto di condannare quello che è stato poi fatto alla popolazione civile italiana.

Cogliere la complessità di quelle che sono state nell’arco di oltre vent’anni le tragedie dei confini orientali credo per altro non solo non sminuisca minimamente l’orrore delle foibe e il dramma dell’esodo ma anzi conferisca a queste due drammatiche pagine della Storia italiana un valore civile se possibile ancora maggiore, sottraendole alla retorica patriottarda e consegnando invece alle nuove generazioni, italiane ed europee, una memoria viva carica di significato e di insegnamenti.

Le dittature, i nazionalismi, la guerra sono oggi come allora i mostri generati dal sonno della ragione, che ancora pochi anni fa proprio nella ex-Jugoslavia hanno purtroppo mostrato tutta la loro bestiale vitalità e attualità.

In questo senso credo che sbagli chi intende la Giornata del Ricordo come una giornata di coccarde e gagliardetti: il 10 febbraio deve invece essere una giornata che parla al futuro nostro e degli altri popoli, europei e non, un futuro in cui l’impegno comune deve e dovrà essere quello di bandire una volta per tutte razzismo, intolleranza, guerre e nazionalismi.